Immagina di far parte di un esercito che deve combattere contro un nemico 5 volte più numeroso: 250.000 uomini, provenienti da ogni angolo dell’impero più potente del mondo, con carri ed elefanti, schierati in una pianura enorme, di fronte a te.
La partita sembra già conclusa prima ancora di essere iniziata, ma c’è un dettaglio fondamentale: il tuo comandante è Alessandro Magno, e ha qualcosa che può rendere nullo lo svantaggio numerico: una strategia.
Queste sono le premesse di una delle battaglie più importanti della storia, quella di Gaugamela; vediamo cosa possiamo imparare ancora oggi dall’approccio strategico di Alessandro.
Conoscenza dell’avversario
Alessandro era ben consapevole della sproporzione tra i due eserciti e perciò sapeva di dover trovare un modo per vincere che non fosse la sopraffazione numerica.
Conosceva il suo nemico, Dario III, imperatore dei persiani, e sapeva che il suo esercito era formato soprattutto da mercenari e da persone che rispettavano Dario solo per il timore delle sue punizioni.
Quello persiano era un esercito enorme, ma frammentato: i soldati provenivano da paesi diversi e lontani, e dunque parlavano lingue diverse, avevano convinzioni diverse e combattevano anche in modo diverso.
Per questi motivi, se si fosse riuscito a colpire direttamente Dario, l’esercito si sarebbe disperso: non ci sarebbe stato più un leader a tenere unita tutta quella diversità e i soldati non sarebbero stati disposti a rischiare la loro vita per un sovrano che li terrorizzava.
Prepararsi per raggiungere l’obiettivo
L’obiettivo quindi è stato definito con sempre più precisione: voglio vincere la battaglia; per farlo devo puntare direttamente a Dario. Come posso realizzare questo obiettivo?
Innanzitutto il vantaggio di Alessandro era che, nonostante il suo esercito fosse più piccolo, era molto più preparato tecnicamente di quello di Dario: l’addestramento ricevuto era migliore e unitario, permettendo un’azione più compatta.
Inoltre, Alessandro aveva ereditato dal padre la temibile falange macedone, che egli aveva ulteriormente migliorato per renderla ancora più efficace.
Oltre a questa preparazione prima della battaglia, era necessario trovare la giusta disposizione dei soldati per arrivare al risultato prefisso.
Perciò Alessandro dispose le sue truppe in modo da spingere Dario ad attaccarlo sui fianchi, creando una breccia nell’esercito persiano che gli permise di attaccare direttamente il comandante nemico.
Ma la disposizione dell’esercito macedone tenne conto anche delle proprie debolezze: per evitare di essere attaccati alle spalle, Alessandro preparò una seconda falange nelle retrovie, che all’occorrenza si sarebbe potuta girare all’indietro e contenere un eventuale attacco alle spalle.
Tempismo
Il piano di Alessandro era estremamente rischioso e difficile da realizzare: se la breccia aperta nell’esercito nemico non si fosse aperta, o se si fosse richiusa subito, l’esercito macedone sarebbe andato incontro alla rovina.
La strategia di Alessandro funzionò soltanto perché egli fu in grado di agire nel momento giusto: attaccò da destra mettendo in difficoltà i persiani, che spostarono lì anche le loro truppe centrali per portare rinforzo.
In questo modo si aprì il varco: Alessandro spostò improvvisamente la direzione della propria cavalleria e puntò dritto verso Dario, facendolo scappare insieme al suo esercito.
Mantenere la stabilità
Alessandro avrebbe voluto inseguire Dario per sconfiggerlo definitivamente, ma si fermò.
Perché?
Perché ricevette una richiesta di aiuto dal proprio fianco sinistro, che non era riuscito a reggere l’attacco persiano, facendo arrivare il nemico nel campo macedone.
Scritto qui, sembra naturalissimo che Alessandro abbia deciso di tornare indietro, ma bisogna ricordarsi che era appena riuscito a realizzare il proprio piano audace, aveva sconfitto il suo nemico, e ora aveva la possibilità di annientarlo del tutto e vincere totalmente. Preso dall’euforia del momento, avrebbe potuto lanciarsi all’inseguimento.
Ma Alessandro aveva uno sguardo più ampio: sapeva che se se si vogliono perseguire grandi obiettivi, bisogna avere sempre basi solide e sicure da cui partire. Sapeva che la parte più difficile di un risultato non è ottenerlo, ma riuscire a mantenerlo.
È per questo che tornò indietro cacciando i persiani dal suo accampamento.
Cosa possiamo imparare
Riassumendo, cosa possiamo imparare da Alessandro Magno? Cosa serve per una strategia vincente?
- Conoscenza dell’avversario
- Definizione dell’obiettivo (dividendolo in sotto obiettivi)
- Sfruttare al massimo le proprie risorse, preparandosi al meglio, potenziando ciò che si ha e usandolo in funzione del raggiungimento degli obiettivi
- Conoscere le proprie debolezze trovando dei modi per risolverle
- Avere il giusto tempismo
- Mantenere la stabilità dei propri risultati
Ancora un’altra cosa!
C’è un’ultima lezione che possiamo apprendere da Alessandro, anche se non ha a che fare direttamente con la strategia: impegnarsi con tutto se stesso.
Contrariamente a Dario, che stava riparato dietro i suoi soldati, Alessandro era in prima linea a combattere, guidando la parte d’esercito che sfondò le linee nemiche e fece scappare Dario.
Pare scontato dirlo, ma poi farlo è un’altra cosa: se vuoi davvero raggiungere un obiettivo, soprattutto se è veramente ambizioso, devi metterci tutto te stesso ed essere pronto a rischiare ogni cosa combattendo in prima persona.
È questo il vero motivo per cui Alessandro Magno è diventato uno dei più grandi personaggi della storia.
Non ti promettiamo di diventare la guida di uno dei più grandi imperi dell’umanità, ma di sicuro possiamo darti dei consigli sulla strategia della tua azienda. Contattaci per saperne di più.