L’esperienza è quella bambina piccina che ti si siede accanto quando sei giovane e che nessuno considera; poi col passar del tempo diventa grande e invecchia con te e, quasi sempre, a un certo punto, vale molto più di quel che possiedi.
Questa mia saggia amica mi fa notare che vi sono momenti nella storia che si ripetono, ai quali, per vari motivi, non sei portato a prestare attenzione, soprattutto quando sei preso dalle cose da fare.
Da tempo, guardandomi attorno e leggendo i segnali - economici e di settore - avverto la necessità di cambiare direzione.
Sul tema economico non mi avventuro, non ho sufficienti competenze, ma possiedo una certa capacità di lettura della situazione e alcuni amici della finanza che conta che mi confortano con dati oggettivi: una tempesta si avvicina.
Sul lato del business invece la novità evidente è l’intelligenza artificiale.
Anche qui, prevedere quel che succederà è impossibile; usando il buon senso possiamo dire che essendo una novità "dirompente" seguirà un ciclo abbastanza prevedibile: disastri all’inizio (posti di lavoro persi, stravolgimenti ecc), stabilizzazione e avanzamento per l’umanità poi.
Detto ciò l’unica vera evidenza è che - ancora una volta - bisogna cambiare. Quindi è opportuno chiedersi se e come prepararci per questo prossimo futuro.
Mi sono posto quindi delle domande:
- Che problemi risolvo con i miei prodotti e servizi?
- Come fa sentire i clienti?
- C’è ancora bisogno della mia azienda?
Potrebbe sembrare un po’ drastico come approccio ma ti assicuro che dopo aver vissuto la crisi del 2008 è il minimo sindacale.
Le prime due domande sono fondamentali per costruire un legame tra te (la tua brand) e il tuo pubblico: le persone comprano se in primo luogo hai prodotti o servizi buoni abbastanza da risolvere loro dei problemi concreti.
In secondo luogo, la vendita non è più l’obiettivo, ma è la conseguenza della fiducia e dell’autorevolezza della marca.
Quindi il paradigma va capovolto, non si deve trovare un pubblico a cui vendere un prodotto, ma bisogna trovare il prodotto migliore da vendere al pubblico (cit. Simona Ruffino, Neuromarketing etico).
Ma è la risposta alla terza domanda a preoccuparmi di più.
In un mercato del marketing che è tutto numeri e dati (e garanzie di risultato) - con strumenti automatizzati che diverranno quasi omni-potenti grazie all’intelligenza artificiale - quale può essere lo scopo di esistere di aziende che collocano servizi a disposizione di tutti?
La questione è lecita poiché a questo punto dell’evoluzione umana ed economica l’attitudine a ri-cominciare da zero rende giustizia ad aziende che desiderano tracciare la strada, ispirare i propri clienti e aiutarli nella crescita.
In parole povere, se non sono disposto a farlo io perché dovrebbero ascoltarmi i clienti?
Quindi mi rispondo e dico no! Non c’è spazio per agenziucole che non vanno oltre la proposizione di servizi annacquati.
Non c’è spazio neanche per me.
A meno che…
A meno che non si cambi qualcosa e si cambi modello di business, passando dal paradigma della creatività al paradigma del risultato.
Introducendo prodotti e servizi che aiutino in concreto i clienti a creare una connessione tra la brand strategy e la testa (il cuore) dei clienti.
Perché il segreto è qui: il mercato oggi assomiglia più a una community da costruire che a un territorio da conquistare, per questo occorre pensare ai clienti come persone nella loro interezza prima che a componenti del proprio fatturato.
Il modo più sensato per riuscirci è trasferire valori, visione e missione attraverso un prestigioso intreccio di comunicazione integrata che abbraccia media online e offline.
In definitiva se riusciremo a far fronte a questo nuovo paradigma allora avrà senso la nostra esistenza, ma non basta… servono prodotti, processi e conoscenza per presentarsi al mercato ed esserne all’altezza.
Prodotti? Un’agenzia?
Si!
Li stiamo costruendo, sono in cantiere, ma di questi non parlerò oggi.