Se dovessi paragonare il pensiero di alcuni imprenditori a proposito del marketing a quello di alcuni allenatori a proposito del calcio, credo che finirebbe più o meno così:
- Da una parte abbiamo i risultatisti, ovvero quelli che giudicano le operazioni di marketing in base a una sola cosa: vendite, fatturato e…Vittorie.
- Dall’altra gli esteti, che riconoscono l’enorme quantità di fattori che influenzano il marketing e quindi sanno consolarsi con una bella prestazione anche in caso di sconfitta (o budget non recuperato).
A questo punto una domanda sorge spontanea: chi ha ragione?
La risposta è molto semplice: entrambi.
Se da una parte è vero che il marketing serve, di fatto, a vendere di più attraverso la pubblicità, dall’altra ci sono KPI “intangibili” che, anche se non corrispondono direttamente ad aumenti di conversioni e fatturato, sono importanti tanto quanto il denaro che entra nelle casse aziendali.
Questa dicotomia di importanza tra KPI “concreti” e “astratti” ha acceso molte discussioni tra i marketer negli ultimi anni.
Vi faccio un esempio: siete sicuri che le aziende, oggi, preferirebbero guadagnare in un solo colpo 100.000 euro rispetto a 100.000 follower?
Io sono convinto che molti, dopo una breve riflessione, sceglierebbero la seconda sia per un discorso di brand growth sia per i guadagni in termini di sponsor e partnership che ne deriverebbero.
D’altro canto, se si investono 3000 euro per una campagna che porta molte impression ma nessuna vendita è giusto considerarla come fallimentare.
Ma allora quali sono i KPI davvero importanti e che possono fornire un indice affidabile della qualità del marketing di un’azienda?
Difficile stabilirlo, ma indubbiamente più ne misurate dalla vostra piattaforma di marketing e meglio è.
Il nostro software Cesare, ad esempio, ci permette di avere una panoramica completa di ogni metrica riguardante il cliente e l’andamento delle sue campagne.
Per quanto mi riguarda considero alcuni KPI più importanti di altri a prescindere dalla loro natura.
Non chiamatemi esteta, ma il primo che che mi viene in mente fa proprio parte di quella categoria di KPI astratti ma estremamente importanti di cui parlavo poco fa.
Sto parlando del CSAT (Customer Satisfaction), ovvero il punteggio percentuale che indica la soddisfazione della clientela nei confronti di un’azienda.
Per ottenere i dati di calcolo del CSAT le aziende inviano periodicamente ai propri clienti questionari di soddisfazione, catalogando i risultati in una scala da 1 a 5 o se preferite da “Molto insoddisfatto” a “Molto soddisfatto”.
Il CSAT offre una panoramica generale sulla gestione della clientela, ed è vitale per migliorare la qualità della customer experience.
PS: Cesare permette anche di preparare e inviare questionari automatizzati:
Un’altra metrica che considero fondamentale è sicuramente il CLV (Customer Lifetime Value), e lo dico per la gioia dei risultatisti.
Questo KPI rappresenta l’aspettativa di spesa totale di un cliente durante l’intero rapporto di business.
Ottenere un CLV preciso significa poter determinare con più o meno precisione: quanto si è disposti a spendere per avere clienti di un certo tipo, qual è la segmentazione corretta per una certa fascia di clienti, l’efficienza delle campagne marketing e molto altro.
Un buon marketer (o allenatore), in conclusione, dovrebbe saper ponderare
il giudizio sulle proprie campagne considerando entrambe le categorie di KPI:
quella legata al denaro e quella legata all’awareness.
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